Paolo Fresu, trombettista jazz

Per Paolo Fresu, trombettista jazz tra i più apprezzati al mondo - un’esistenza nomade che lo porta lontano da casa, per impegni di lavoro, per oltre metà dell’anno - la cucina è un po’ come il jazz. “Così come per il jazz, è soprattutto una questione di gusto”.

Paolo, sei nato in Sardegna e attualmente vivi tra l’Emilia, la tua isola e Parigi, inoltre ti sposti di continuo per i tuoi concerti, dall’Africa nera all’Indonesia, dal Sudamerica al Maghreb. Queste incursioni “fuori sede” hanno influito sui tuoi gusti culinari?
Diciamo che hanno perfezionato una tendenza che già c’era. Sono congenitamente un buongustaio, mi è sempre piaciuto cercare i piatti più sfiziosi e strani e direi che questa “ricerca” rappresenta il piacere più grande dei miei viaggi.
I tuoi calendari sono fitti d’impegni, soprattutto quando sei in trasferta. Riesci comunque a ritagliarti uno spazio da dedicare a pranzi e cene?
Certamente. Il pranzo e la cena sono per me un rito che cerco di non saltare mai, né di trasformare in un’abitudine affrettata. Ne faccio una questione di principio e sono riuscito a redimere molti colleghi che avevano invece l’insana abitudine di divorare al volo la prima cosa capitasse loro a tiro. Dato che intendo il cibo come gusto, nel senso più ampio, ritengo che mangiare abbia bisogno dei suoi tempi: per degustare e apprezzare, e anche per riflettere.
C’è una cucina che ami in particolare?
Mi piacciono le cose molto semplici, non amo particolarmente le salse, la maionese. Per me la carne migliore è quella cucinata alla griglia, con sale e finito lì. Apprezzo, inoltre, molto i sapori secchi, decisi. Fondamentale, infine, è che i cibi siano sani.
Niente cucine elaborate, dunque?
Dipende da cosa s’intende per elaborazione. Per esempio, tra le cucine che preferisco ci sono quella indiana, e quella thai, che pure possono essere molto elaborate. Ho una passione per i piatti molto piccanti. Non sono invece un patito della cucina francese. Contrariamente a molti, inoltre, trovo molto buona anche la cucina tedesca.
E la cucina italiana? Sei di quelli che cercano gli spaghetti ovunque, il cappuccino?
Per carità, non l’ho mai fatto e mai lo farò. Come ho già detto, in qualunque Paese mi trovi, mi lascio inghiottire dalle sue abitudini, soprattutto per quel che riguarda il cibo.
In tutto questo, c’è un piatto che definiresti il tuo preferito in assoluto?
La minestra di carne preparata da mia madre, bollente, anche d’estate.
Una perversione.
Una passione, in realtà. Cerco di prepararla ogni tanto, ma per quanto provi non ha mai quel sapore.
A proposito, oltre a mangiare cucini?
Mi piacerebbe, ma mi manca il tempo. In realtà, credo di avere una certa capacità nel mettere insieme le cose, nell’abbinare gli ingredienti. Nel brasato, per esempio, sono fortissimo, e anche nella preparazione di insalate molto colorate, ma credo di essere particolarmente abile soprattutto nella scelta dei vini, che per me sono fondamentali. Inoltre, dato che ho la fissazione dell’estetica, curo molto la preparazione della tavola.
Hai mai dedicato un cd alla cucina?
Sì. Una volta, in Norvegia, ho fatto un disco dedicato al gusto.
Si può tracciare davvero un parallelismo tra cucina è jazz?
Credo di sì, perché il jazz è, come ho già detto, una musica particolarmente di gusto.
Foto: Alessandro Toscano/OnOffPicture
Anche voi, come Paolo Fresu, siete dei patiti per la minestra? Provate una delle nostre ricette!